Baldi al Patto Sociale: l’Europa deve essere un’Unione Federalizzante

Monica Baldi

Il link per leggere l’intervista sul Patto Sociale

Le prossime Europee saranno la resa dei conti tra chi vuole più integrazione.

«Non credo proprio che sia corretto parlare di modello Stati Uniti per l’Unione Europea ma di “unione federalizzante” poiché ha una dimensione federale e una dimensione intergovernativa. Per esempio l’unione monetaria è unione federale mentre la politica estera e sicurezza comune, come altre politiche e le riforme dei trattati che richiedono l’unanimità, sono intergovernative. È necessario per alcuni importanti capitoli dell’UE incentivare, coltivare e supportare il modello federalista già esistente. L’euro, seppur con molti difetti, e la libera circolazione di cittadini e merci sono conquiste da cui non possiamo prescindere. Il modello confederale, nell’unione federalizzante, può maggiormente valorizzare l’autonomia di ogni singolo Stato membro favorendo il principio di sussidiarietà, come stabilito anche dall’articolo 5 del Trattato dell’Unione Europea. In pratica nei settori che non sono di sua esclusiva competenza l’Unione interviene se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere realizzati dagli Stati membri».  

La moneta intanto è già stata federata e su questo in Italia c’è un’ampia speculazione politica.

«Il problema è che abbiamo deciso di realizzare la moneta unica e con la crisi si è creata  sfiducia fra gli Stati membri. Dobbiamo lavorare affinché il patto di stabilità non sia una morsa ma consenta di rafforzare l’unione monetaria ed economica, permettendo, in via del tutto eccezionale, una deroga nel caso di catastrofi naturali, come è successo in Italia. La deroga non dev’essere la normalità, ma l’eccezione che viene concessa solo con l’approvazione di un programma operativo d’interventi».

Una competenza che non è stata federata e che invece in Italia si vorrebbe veder federata è quella dell’immigrazione.

«Una politica migratoria lungimirante e globale dovrebbe essere alla base dell’Unione europea. È necessario rafforzare la nostra frontiera comune, anche per poter risolvere il dramma degli sbarchi, irrobustendo l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, nota come Frontex, a cui è affidato il funzionamento del sistema di controllo e gestione delle frontiere. Si potrebbero utilizzare e valorizzare strumenti già esistenti in Europa, troppo spesso sconosciuti, per esempio l’Agenzia europea EASO, l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo con sede a Malta, finalizzata a definire orientamenti tecnici sull’attuazione degli strumenti per l’asilo nell’Unione. Partendo da questo lavoro di raccolta dei dati reali sul flusso migratorio è possibile favorire l’istituzione di una politica seria e mirata alla reale solidarietà. Partiamo dal presupposto che deve essere riformato il regolamento di Dublino e deve essere rivisto il sistema e metodo di collocazione degli immigrati negli Stati membri».

Come vi collocherete nel Parlamento europeo e quali ripercussioni pensa possa avere il voto del 26 maggio sul governo nostrano?

«Il nostro candidato alla Presidenza della Commissione Europea è Jan Zahradil, il ceco scelto come spitzenkandidat dal gruppo al quale apparteniamo, ECR (che fa parte dell’ACRE, Alleanza dei Conservatori e Riformisti Europei), che ha scelto come slogan ‘Retune the Eu’ (“Ri-sintonizzare l’Unione Europea”). Il gruppo ECR è il terzo, in senso numerico, nel Parlamento Europeo e, a seguito del risultato elettorale del 26 maggio, intende essere il punto di collegamento fra i populisti di Le Pen-Salvini e il Partito Popolare Europeo. Al momento è impossibile azzardare delle previsioni sulla tenuta dell’esecutivo in Italia».

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