Immigrazione: rafforziamo la frontiera comune

Monica Baldi

L’immigrazione è sicuramente uno dei temi più sentiti in Italia. Le tragedie degli ultimi mesi nel bacino del Mediterraneo non ci possono lasciare indifferenti. Migliaia e migliaia di migranti che ogni giorno, stremati e in balìa del mare, mettono in gioco la vita per la speranza di un futuro migliore. Da un lato c’è l’aspetto umano, la sofferenza, il dolore. Dall’altro, però, c’è la politica e ci sono le istituzioni. È arrivato il momento di gestire il fenomeno migratorio con strumenti chiari e condivisi tra Unione Europea e gli Stati Membri, ancora più incisivi di quelli utilizzati fino ad oggi. Il primo pilastro è ribadire, con forza e determinazione, che nessuno Stato dell’Unione Europea può e deve far fronte all’immane pressione migratoria, da solo, perché una politica migratoria lungimirante e globale dovrebbe essere alla base dell’Unione Europea.

Rafforzare la frontiera comune. Agire vuol dire rafforzare la nostra frontiera comune, anche per poter risolvere il dramma degli sbarchi, irrobustendo l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, nota come FRONTEX, a cui è affidato il funzionamento del sistema di controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen e dell’Unione europea. La guardia costiera e di frontiera europea, che ha come funzione principale quella di contribuire a una gestione integrata delle frontiere esterne, deve garantire una gestione efficiente dei flussi migratori, contribuendo così ad assicurare la sicurezza dell’UE. Ecco perché ritengo necessario proteggere e regolare il traffico marittimo nel Bacino del Mediterraneo ed evitare anche che le ONG possano agire senza un reale controllo. Gli ultimi dati (fonte Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno) mostrano come il problema degli sbarchi stia registrando un’inversione di tendenza importante. E anche per questo è arrivato il momento di agire concretamente.
Mettere d’accordo gli Stati Membri non dico che sia una cosa semplice, ma credo che valga la pena di provarci, anche tenendo conto delle banche dati sui migranti già disponibili.
Per esempio si potrebbero valorizzare strumenti già esistenti in Europa, troppo spesso sconosciuti anche agli stessi politici. Dico l’Agenzia europea EASO, l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo con sede a Malta, che ho avuto modo di visitare e di apprezzare per la sua azione di raccolta dati e scambio informazioni, è finalizzata a definire orientamenti tecnici sull’attuazione degli strumenti per l’asilo nell’Unione. L’EASO opera come centro specializzato in materia di asilo e contribuisce allo sviluppo del sistema europeo comune agevolando, informando, coordinando e rafforzando la collaborazione pratica tra tutti gli Stati membri. Partendo da questo lavoro di raccolta dei dati reali sul flusso migratorio è possibile favorire l’istituzione di una politica seria e mirata alla reale solidarietà, realizzando collocamenti ad hoc, e non casuali, negli Stati membri anche a seguito di una legislazione chiara e una visione condivisa.

Una politica di cooperazione a livello comunitario. Serve una politica di cooperazione forte, a livello comunitario. Personalmente mi occupo da sempre di cooperazione allo sviluppo sia per la mia competenza professionale e sia perché ritengo ciò una priorità. Aiutare gli immigrati nei territori di provenienza non è solo uno slogan elettorale e come dice l’emerito Papa Joseph Ratzinger “Prima ancora che il diritto a emigrare va riaffermato il diritto a non emigrare”. Per farlo è necessaria una coordinata e vigorosa attività di cooperazione allo sviluppo e creare, così, le condizioni per far rimanere le persone nei propri luoghi d’origine. Servono regolamenti e direttive europee ma anche le corrispettive leggi di attuazione in ogni singolo Stato membro. Realizzare infrastrutture in Africa non è utopistico come molti credono. In Italia l’unica vera legge sulla cooperazione risale al 1992, che è stata poi bloccata con tangentopoli, e dal 2014 esiste un’agenzia che rappresenta il braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione. È tempo di varare una nuova legge italiana che permetta di cooperare in sintonia con i finanziamenti comunitari sia per dare una mano concreta ai migranti e sia per favorire l’economia del nostro paese considerando anche il ruolo primario che possano giocare le nostre imprese edili nel costruire infrastrutture e complessi abitativi.

Il nuovo ruolo degli immigrati. Partiamo dal presupposto che deve essere sicuramente riformato il regolamento di Dublino e deve essere rivisto il sistema e metodo di collocazione degli immigrati negli Stati membri. Ritengo che il meccanismo della corretta accoglienza debba giocare un ruolo chiave. Potrebbe essere importante creare dei veri e propri CORSI DI APPRENDISTATO PER IMMIGRATI, i quali, in questo modo, si potranno formare meglio nei loro settori lavorativi di competenza. Certamente nei settori professionali in cui erano già stati istruiti durante gli anni di studi compiuti nei loro luoghi d’origine, in modo da acquisire la conoscenza necessaria a sviluppare le attività nei paesi di provenienza. Potrebbero, in seguito, essere impiegati attivamente nella realizzazione di progetti di cooperazione internazionale nelle loro nazioni di origine.

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