BENI CULTURALI E CONFLITTI ARMATI, CATASTROFI NATURALI E DISASTRI AMBIENTALI

Beni culturali e conflitti armati

Beni culturali e conflitti armati, catastrofi naturali e disastri ambientali

A cura di Silvia Chiodi e Gian Carlo Fedeli. Edito da ILIESI digitale

Conclusioni di Monica Baldi

Il primo novembre di quest’anno è iniziata la Presidenza dell’Italia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite impostata su Building peace for tomorrow che si basa su un approccio integrato civile-militare.

L’agenda di Presidenza si è presentata subito particolarmente ricca di appuntamenti mettendo in evidenza l’azione italiana fondata sul perseguimento di un efficace multilateralismo al fine di affrontare sfide comuni con un approccio inclusivo costruito sul principio della solidarietà fra i popoli e le Nazioni. Per rafforzare la cooperazione multilaterale l’Italia intende promuovere la pace e sicurezza globale, prosperità, sviluppo sostenibile e diritti umani. Fra le priorità sono indicate misure appropriate per la salvaguardia del patrimonio culturale al fine di proteggere la diversità culturale e i simboli storici, emblemi delle differenti identità, che vengono barbaramente distrutti in aree di crisi. L’intendimento è quello di promuovere e includere misure efficaci per la protezione del patrimonio culturale ostacolando il traffico di antichità nel mandato di mantenimento della pace. E l’Italia è da tempo impegnata, unitamente all’Unesco con la Task Force dei Carabinieri Unite4Heritage denominati i “Caschi Blu della Cultura”, ad attività di tutela del patrimonio artistico in zone difficili. Considerando che l’Unite4Heritage è l’iniziativa, creata nel 2015 dall’Unesco, per sensibilizzare gli Stati membri dell’Organizzazione a valorizzare e tutelare il patrimonio culturale, proteggendolo dai danni in zone di guerra, e per educare i giovani di tutto il mondo a preservare la cultura come strumento di integrazione, crescita e sviluppo sostenibile. Come è noto la protezione dei Beni Culturali dalle possibili ingiurie nel corso di un conflitto armato è regolata dalle convenzioni internazionali e dalle leggi dei singoli Stati.

La Costituzione italiana (in vigore dal 1948) all’art. 9 recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Nell’evoluzione del diritto e del concetto stesso di Bene Culturale dal 1902 ad oggi molto ha contribuito la Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954, accompagnata da un Regolamento e un Protocollo aggiuntivo frutto delle tristi esperienze delle seconda guerra mondiale. La Convenzione istituisce due modelli di protezione: la protezione generale, concessa a tutti i beni culturali non militari, e la protezione speciale, concessa a un limitato numero di beni culturali di grande importanza registrati in un apposito elenco, nonché a rifugi permanenti destinati ad accogliere beni culturali mobili in occasione di un conflitto. Nella Convenzione emerge per la prima volta il concetto di “patrimonio culturale universale” in quanto, come si legge nello stesso prologo: i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale. Si è dunque passati dal concetto di tutela del patrimonio inteso come bene comune (nazionale) a quello più ampio di patrimonio mondiale, istituendo inoltre un principio di reciprocità nella salvaguardia dei beni.

E lo Scudo Blu è il simbolo scelto nel 1954 dalla suddetta Convenzione per rappresentare gli elementi del patrimonio culturale in caso di conflitto armato. Perciò, a difesa dei Beni Culturali, vengono promosse azioni di protezione, prevenzione e sicurezza in tutte le situazioni rischiose, come i conflitti armati e le calamità naturali, coordinate dal Comitato Internazionale dello Scudo Blu ICBS (International Committee of the Blue Shield), che unifica le competenze, l’esperienza e le reti internazionali specializzate. L’ICBS fu istituito nel 1996 inizialmente dalle quattro organizzazioni non governative: ICA (International Council of Archives), ICOM (International Council of Museums), ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), IFLA (International Council on Monuments and Sites) che rappresenta
anche archivi e biblioteche. Nel 2005 si è aggiunta anche CCAAA (Coordinating Council of Audiovisual Archives Associations). Queste organizzazioni raccolgono un insieme di professionalità in materia di consulenza e assistenza in occasione di eventi come la guerra nell’ex Iugoslavia o in Afghanistan, i devastanti uragani in America centrale o i
terremoti in Estremo Oriente. L’ICBS è un’organizzazione internazionale, indipendente e professionale che si propone, appunto, il coordinamento delle azioni di protezione, prevenzione e sicurezza dei beni culturali in tutte le situazioni di rischio, compresi i conflitti armati. Lo Scudo Blu Beni culturali e conflitti armati, catastrofi naturali e disastri ambientali Conclusioni ILIESI digitale Ricerche filosofiche e lessicali 149 (Blue Shield) è diventato un esempio significativo in materia di gestione dei rischi in caso di catastrofi naturali riunendo le esperienze di diverse professionalità e istituzioni del settore culturale e collaborando con le autorità militari e i servizi d’emergenza.

Ma l’insufficienza dei risultati conseguiti nell’applicazione della Convenzione dell’Aja del 1954 condusse all’adozione, nel marzo 1999, di un II Protocollo, ratificato, unitamente a norme di adeguamento dell’ordinamento nazionale, dall’Italia nel 2009 (Legge n. 45/09 del 16 aprile 2009, GU n. 105 del 8 maggio 2009).

Il II Protocollo aggiuntivo del 1999 ha creato un nuovo modello di protezione: la protezione rinforzata. Anche per questo modello esiste un registro, ma le procedure sono più semplici, basate sul silenzioassenso, e senza alcun contrassegno specifico. Nel dicembre 2009 il Consiglio dell’Unione Europea ha inserito la conservazione del patrimonio culturale tra i temi per i quali è necessario coordinare i programmi di ricerca degli Stati membri. E il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno istituito per il 2018 l’Anno europeo del patrimonio culturale (European Year of Cultural Heritage), con l’obiettivo di: promuovere la diversità culturale, il dialogo interculturale e la coesione sociale; rafforzare il contributo del patrimonio culturale dell’Europa alla società e all’economia attraverso la capacità di sostenere i settori culturali e creativi, comprese le piccole e medie imprese, promuovendo lo sviluppo e il turismo sostenibili; contribuire a promuovere il patrimonio culturale come elemento importante delle relazioni tra l’Unione e gli altri paesi, basandosi sull’interesse e sulle esigenze dei paesi partner e sulle competenze dell’Europa in materia di patrimonio culturale.

Ben tre secoli fa l’Elettrice Palatina fu antesignana di quel concetto, poi consacrato dalla legislazione in tempi piuttosto recenti, per il quale la valorizzazione, conservazione, tutela di un’opera d’arte non possono prescindere dalla sua giusta contestualizzazione e dalla fruibilità di un vasto pubblico. Il grande merito dell’Elettrice Palatina, Anna Maria Luisa de’ Medici – l’ultima discendente del ramo granducale della casata regnante – sta nella stesura di un atto giuridico, il cosiddetto Patto di Famiglia, stipulato a Vienna con gli Asburgo-Lorena nel 1737, con cui vincolò al Granducato di Toscana tutto il complesso dei beni che facevano parte della immensa e straordinaria collezione medicea accumulata nei secoli dalla sua famiglia: […] o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato, Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose, della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri.

Si deve infatti alla sua mente illuminata, alla sua intuizione lungimirante, alla sua devozione per l’arte e alla sua sconfinata saggezza la valorizzazione e permanenza a Firenze di un patrimonio culturale, storico e artistico senza uguali. La protezione del patrimonio culturale nelle aree di crisi e la lotta al traffico illecito di opere d’arte sono state anche fra le priorità della prima Riunione Ministeriale Cultura del G7 svoltosi il 30 e 31 marzo 2017 a Firenze. Ed è stata proprio in quell’occasione che, con riferimento all’iniziativa Unesco Unite4Heritage, l’Italia ha proposto la costituzione di una Task Force per proteggere il patrimonio artistico mondiale con la creazione dei “Caschi Blu della Cultura”, ovvero un gruppo di pronto intervento con personale altamente specializzato misto, civile e militare, composto da un primo nucleo di carabinieri del “Comando Tutela Patrimonio Culturale”, storici dell’arte, studiosi e restauratori. Il loro compito consiste nel valutare i rischi e i danni al patrimonio culturale, studiare piani d’azione e misure urgenti, realizzare corsi di formazione al personale locale, fornire assistenza al trasferimento di oggetti mobili in rifugi di sicurezza e rafforzare la lotta contro il saccheggio e il traffico illecito di beni culturali. E proprio alla vigilia del G7 Cultura di Firenze, il 25 marzo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità la risoluzione 2347, presentata da Italia e Francia, avvalendosi dell’importante contributo tecnico dell’Arma dei Carabinieri in qualità di “Caschi Blu della Cultura”, destinata esclusivamente alla tutela del patrimonio culturale a rischio nelle situazioni di conflitto armato.

La risoluzione condanna la distruzione e il saccheggio di siti archeologici, musei, archivi, biblioteche e il contrabbando di reperti attraverso il quale si finanzia il terrorismo internazionale. Essa incoraggia gli Stati a cooperare e a rafforzare le modalità operative messe in atto dalle precedenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e accoglie inoltre la richiesta di prevedere, quando richiesto, una componente culturale in seno alle missioni ONU di peacekeeping.

L’Arma dei Carabinieri è stata scelta come prima forza di polizia a ordinamento militare al mondo specializzata nella protezione del patrimonio storico, artistico e dei beni culturali, grazie alla sua notevole esperienza e capacità investigativa ineguagliabile sia all’estero che sul territorio nazionale. Nel 1969 in Italia è stato creato il “Comando Tutela Patrimonio Carabinieri” quale unità specializzata per la tutela del patrimonio culturale; giusto un anno prima che l’Unesco adottasse il provvedimento che raccomandava ai vari Stati membri di dotarsi di unità specializzate all’interno delle forze di polizia dedicate a questo settore.

Nel 2007 per far conoscere sia il lavoro svolto dagli operatori civili che quello svolto dai militari e carabinieri, impegnati nelle missioni internazionali per la tutela dei Beni Archeologici e Culturali in zone di crisi, si è formato il Comitato Promotore composto da chi scrive (onorevole Monica Baldi), dalla storica e ricercatrice del CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) Silvia Chiodi, dall’assirologo e sumerologo professor Giovanni Pettinato, dal luogotenente CC del Ministero degli Esteri Renato Spedicato e con il determinante contributo dell’onorevole Gerardo Bianco.

Diverse le conferenze organizzate dal Comitato Promotore a seguito di una serie di incontri internazionali patrocinati anche dall’Accademia dei Lincei che ha pubblicato, altresì, la prima edizione del libro La pietra nera di Nassiriya scritto da Giovanni Pettinato, Silvia Chiodi e Mauro Mazzei. Nel testo viene raccontata la missione italiana del 2006 con particolare attenzione al contributo dato dalle diverse istituzioni italiane che hanno partecipato alla realizzazione del Museo Virtuale e alla conservazione e alla conoscenza del patrimonio culturale iracheno, compreso la singolarità delle due straordinarie scoperte archeologiche: la pietra nera di Ur e le tavole scritte di Eridu.

La prima conferenza del 15 giugno del 2007 dal titolo Il Contributo italiano per la tutela del patrimonio culturale nell’Iraq Meridionale si è tenuta alla Camera dei Deputati a Roma dando uno speciale riconoscimento al Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) e dedicando un momento celebrativo alla memoria del Maresciallo Capo del Team Viper TPC Franco Lattanzio, deceduto nel 2006 durante il secondo attentato a Nassiryia, nel quale è stato ricordato l’impegno profuso nella summenzionata missione di ricognizione archeologica del CNR. I convegni sono proseguiti nel maggio 2008 a Roma all’Accademia dei Lincei e nel giugno dello stesso anno a Pacentro (AQ) in Abruzzo, città natale del Maresciallo Lattanzio.

Particolarmente interessante la conferenza del 31 ottobre 2008 nel Salone Magliabechiano degli Uffizi a Firenze dal titolo: Tutela italiana del patrimonio culturale nel sud dell’Iraq: verso la cooperazione civile e militare, da cui è scaturita l’idea di riservare una giornata ai “Beni culturali e conflitti armati”, con la proposta di stesura di una legge quadro per la tutela del patrimonio culturale in zone di crisi e la formulazione di un Codice di Etica professionale da condividere con
tutti gli operatori civili e militari. E nel 2013, in occasione dei novant’anni del CNR, a Roma è stata organizzata la giornata di studio su Beni culturali e conflitti armati, catastrofi naturali e disastri ambientali. Le sfide e i progetti tra guerra, terrorismo, genocidi, criminalità che è stata dedicata alla memoria del professor Giovanni Pettinato, non solo perché promotore del convegno dal 2009, ma anche perché fortemente impegnato negli ultimi anni della sua vita alla tutela del patrimonio.

Dai molteplici interventi è emerso un dato significativo: l’Italia è presente nei luoghi di crisi internazionali in modo diverso rispetto ad altre Nazioni poiché contribuisce sia alla sicurezza e al ripristino della democrazia che alla salvaguardia del patrimonio culturale, artistico e archeologico con speciale impegno e competenza. Il modus operandi delle forze armate italiane nei cosiddetti “teatri di guerra” è diverso poiché cercano di tener conto delle sensibilità locali e
delle situazioni difficili vissute dalle comunità indigene ferite che pertanto, nel riconoscerne la carica umana, si sentono ancora più considerate. Gli stessi Carabinieri impegnati all’estero riescono a dialogare in modo consono con le comunità locali, le forze militari e di polizia utilizzando un linguaggio adeguato con la magistratura del luogo alla quale danno un
grande contributo per le loro specificità e competenze; l’ho potuto, altresì, constatare direttamente quando mi sono recata in missioni ufficiali in zone di crisi come l’Afghanistan e l’Iraq. Negli ultimi vent’anni l’Italia ha intrapreso importanti iniziative per la protezione del patrimonio culturale in aree colpite da eventi bellici, in particolare in quelle che hanno visto l’intervento delle forze armate nell’ambito delle missioni NATO e ONU.

Tali azioni sono state possibili grazie all’impegno congiunto del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero della Difesa, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e grazie al contributo di protagonisti civili come le ONG. Il rispetto delle identità e delle eredità culturali e religiose delle comunità coinvolte nelle tragedie belliche costituisce, infatti, un elemento qualificante dell’approccio italiano a questo genere di missioni che include, oltre agli usuali impegni su questioni strettamente umanitarie, anche interventi sul patrimonio culturale. Ciò ha permesso il recupero di capolavori danneggiati per cause belliche ed ha contribuito al ripristino di condizioni di pacifica convivenza fra comunità diverse e divise spesso da conflitti plurisecolari. Una politica di ricostruzione del processo di democrazia e di pace, oltre che con le missioni militari, è possibile se si utilizzano strumenti appropriati e coerenti con quelli operativi internazionali. Una vera politica di ricostruzione deve adoperarsi per rimuovere le “cause strutturali” prodotte dall’attuale modello di sviluppo capace di aumentare le disuguaglianze e ridurre in miseria milioni e milioni di persone quali: regole del commercio inique, processi di mercificazione e di privatizzazione dei beni comuni, spese militari, processi economici, devastazione delle risorse naturali, questione del debito.

Il recupero e la salvaguardia del patrimonio culturale, quale testimone della propria storia, civiltà, cultura, identità e tradizione, può essere uno dei terreni più fertili e innovativi, e, i beni culturali se ben conservati e valorizzati possono essere un’importante risorsa economica e sociale oltre che fondamento per la democrazia. È, però, necessario lavorare in cooperazione fra mondo politico, culturale, universitario, militare e civile.

Il Comitato Promotore suddetto ha inteso, in questo modo, far riflettere le Istituzioni e la Comunità Internazionale sull’importanza della cooperazione civile-militare nell’ambito della tutela dello straordinario patrimonio culturale che rischia di essere in maggior misura disperso nelle zone di conflitto. E dai diversi confronti è emerso che diventa necessario studiare apposite azioni e norme per la tutela del patrimonio culturale nelle zone di crisi stabilendo un “Codice etico” nel quale sviluppare la collaborazione tra le stesse istituzioni e la società civile al fine di creare una rete di intervento coordinata nel rispetto delle reciproche e diverse specializzazioni e competenze.

Sarebbe opportuno raggruppare in modo più coeso e coerente le diverse iniziative in materia, organizzando un programma formativo internazionale, considerando i profili professionali esistenti nei diversi Paesi, per dotare i futuri operatori delle competenze e degli strumenti  necessari a operare in questo specifico settore del patrimonio culturale, strettamente connesso ai delicati rapporti internazionali, al dialogo interculturale e all’integrazione sociale che rappresenta una straordinaria sfida per il nostro presente e per il nostro futuro.

Ritengo che si possa fare molto per prevenire e risolvere i conflitti, se si conoscono storia e cultura delle aree di crisi. In tal senso il ruolo svolto con passione e professionalità dagli studiosi, unitamente ai militari italiani e ai carabinieri, è stato importante nell’Iraq meridionale perché, oltre al ritrovamento di un rilevante patrimonio archeologico, è stata realizzata, per la prima volta, la mappatura dei siti archeologici identificando i luoghi a rischio saccheggio. In Iraq l’Italia si è distinta, oltre che per il contributo alla sicurezza e il ripristino della democrazia, anche per la ricostruzione e la tutela del patrimonio culturale nella convinzione che il processo democratico debba investire di più sulla cultura e sulla cooperazione civile-militare nelle missioni internazionali. Solo così è stato possibile porre le basi per attuare la salvaguardia del patrimonio di uno dei luoghi più significativi della terra che vide il fiorire delle più grandi e antiche civiltà al mondo: la leggendaria Mesopotamia. Questa esperienza conferma il primato che l’Italia ha maturato nella tutela internazionale dei beni artistici e archeologici. Si tratta di un elemento essenziale nella gestione dei conflitti, che deve assumere una dimensione sempre più stabile e regolare. Non sarebbe, infatti, possibile contribuire alla ricostruzione di un paese senza proteggere le testimonianze delle sue radici storiche e culturali.

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